Uno spagnolo ad Anzola
A cui scrive questo testo non piace parlare di se stesso. Il giornalismo non deve trattare sul giornalista, sia nella Rai, sia nella rivista di una associazione sportiva. Ma per una volta davanti a un foglio in bianco - sì, piuttosto uno schermo vuoto- anteporrò il mio lato volontario a quello giornalistico. Mi presento. Mi chiamo Alejandro, ho 22 anni e vengo dalla Spagna. Sono arrivato il primo ottobre ad Anzola per svolgere un progetto di volontariato europeo all’interno dei diversi servizi che gestisce il Comune. Ho passato quasi tre mesi al paese e perciò voglio condividere cosa significa per me questa esperienza che comunque soltanto è appena iniziata.
Innanzitutto, devo dire che non sono da solo in questa avventura. Mi accompagnano Hannah, che proviene dalla Germania, e due ragazzi anzolesi, Cristian e Francesco, loro del Servizio Civile Nazionale. Ognuno con le sue competenze, nei servizi che più si adattano a loro, formiamo una squadra che cerca di contribuire umilmente allo sviluppo della comunità. E’ ovvio che risulterebbe tedioso enumerare tutto quello che facciamo ogni giorno. Non ho mica provato a farlo. Nonostante, capirete bene come intendo il mio volontariato ad Anzola con alcuni esempi.
Essere volontario in questo bel paese significa parlare di calcio con i bambini del progetto Pedibus nel percorso fino alla scuola elementare. Ricordare quando ero io chi impazziva con l’album adesivo. Che mi dicano che somiglio a Dzeko. Anche vuol dire catalogare i nuovi arrivi della biblioteca e scoprire come un libro vola tra appena alcune ore nello scaffale delle novità. Sono affascinato per l’avidità degli anzolesi verso la lettura. Mi dispiace dover dire sempre: deve venire o chiamare dalle 14:30 alle 19 ore. Politica aziendale. Quest’anno equivale addirittura a una laurea magistrale in pazienza. Quella imprescindibile sul pulmino giallo con i ragazzi della scuola media malgrado molte recriminazioni finiscano con un sorriso. Come quello che provoca vedere il suo apprendimento all’interno delle aule. Di serenità c’è bisogno pure a La Saletta, il centro giovani. Sia per la furbizia con i compiti, sia per gli urli quando giocano, sia per le inevitabili discussioni tra i ragazzi. Ma sempre vince il buon umore. Un’americana di ping-pong, la pallina decisiva di biliardino o un ballo quasi improvvisato con la Wii. Sono bravi. Al di là dei servizi, che prendono più la forma di lavoro, ci sono le persone. Tutti quelli che fanno di questa un’esperienza arricchitrice. Educatori, tecnici del comune o autisti. E sopratutto, i miei “secondi nonni” della Ca Rossa. Una bellezza umana incredibile. Per insegnarmi a fare i tortellini o per invitarmi ai suoi pasti che non finiscono mai. Per tutto. Per farmi sentire un altro anzolese.
Innanzitutto, devo dire che non sono da solo in questa avventura. Mi accompagnano Hannah, che proviene dalla Germania, e due ragazzi anzolesi, Cristian e Francesco, loro del Servizio Civile Nazionale. Ognuno con le sue competenze, nei servizi che più si adattano a loro, formiamo una squadra che cerca di contribuire umilmente allo sviluppo della comunità. E’ ovvio che risulterebbe tedioso enumerare tutto quello che facciamo ogni giorno. Non ho mica provato a farlo. Nonostante, capirete bene come intendo il mio volontariato ad Anzola con alcuni esempi.
Essere volontario in questo bel paese significa parlare di calcio con i bambini del progetto Pedibus nel percorso fino alla scuola elementare. Ricordare quando ero io chi impazziva con l’album adesivo. Che mi dicano che somiglio a Dzeko. Anche vuol dire catalogare i nuovi arrivi della biblioteca e scoprire come un libro vola tra appena alcune ore nello scaffale delle novità. Sono affascinato per l’avidità degli anzolesi verso la lettura. Mi dispiace dover dire sempre: deve venire o chiamare dalle 14:30 alle 19 ore. Politica aziendale. Quest’anno equivale addirittura a una laurea magistrale in pazienza. Quella imprescindibile sul pulmino giallo con i ragazzi della scuola media malgrado molte recriminazioni finiscano con un sorriso. Come quello che provoca vedere il suo apprendimento all’interno delle aule. Di serenità c’è bisogno pure a La Saletta, il centro giovani. Sia per la furbizia con i compiti, sia per gli urli quando giocano, sia per le inevitabili discussioni tra i ragazzi. Ma sempre vince il buon umore. Un’americana di ping-pong, la pallina decisiva di biliardino o un ballo quasi improvvisato con la Wii. Sono bravi. Al di là dei servizi, che prendono più la forma di lavoro, ci sono le persone. Tutti quelli che fanno di questa un’esperienza arricchitrice. Educatori, tecnici del comune o autisti. E sopratutto, i miei “secondi nonni” della Ca Rossa. Una bellezza umana incredibile. Per insegnarmi a fare i tortellini o per invitarmi ai suoi pasti che non finiscono mai. Per tutto. Per farmi sentire un altro anzolese.
Un giro per l'Italia in varie tappe
Così potrei definire una delle migliori parti dello SVE. Tappa a tappa, un weekend sì e pure l’altro se si può, giro per scoprire l’Italia insieme ai miei amici. Tutti nuovi, persone ormai così importanti che sei mesi fa non conoscevo. Pian piano, i posti da visitare segnati all’inizio di quest’anno si riducono, ma subito sono sostituiti da altri.
L’equatore dell’esperienza è arrivato e posso dire che conosco quasi tutto il nord d’Italia. Bologna è già la mia seconda casa, sebbene si siano ancora dei posti da visitare. Non ci credo che non sia ancora andato a vedere la Finestrella di Via Pella, la Piccola Venezia. Ma l’originale, per dire, sì l’ho vista. Un giorno intenso con la mia famiglia a novembre, tra vie (o calle, come c’è scritto nei cartelli) e canali dove perdersi. Dove ti devi perdere per forza. Il Trentino e Milano li conosco di un’altro viaggio. Torino mi manca. Suppongo che visitare le stazioni di una città non sia abbastanza per dire che ci sono andato. Perché a Porta Susa ho preso il treno che mi ha portato a Torre Pellice, un piccolo e bellissimo paese nella montagna piemontese dove abita un mio amico.
Firenze era stata un mio obiettivo da tanto tempo e sono già andato due volte. Una con mio padre non appena ero arrivato ad ottobre e l’altra lo scorso weekend con i volontari bolognesi. Ciononostante, potrei andare mille volte e ancora vorrei ammirare la sua cattedrale e il Ponte Vecchio. E ancora devo visitare i musei. E la vicina Siena.
Ancora più al sud sono andato a Roma. Un bel ponte a dicembre, quattro giorni in cui ho visitato tutti i monumenti due volte. Un gelato, la Fontana di Trevi, il buco della serratura, quella magia che sprigionano anni di storia. E ancora più in giù la mai indifferente Napoli. Da amare o da odiare. Da piangere quando si ci arriva e quando si va via. La miglior pizza senza differenza da Michele, belle serate fra amici.
E finora basta. Sono convinto che potrò scrivere più paragrafi di questo racconto nei prossimi mesi. Mi mancano tanti posti da vedere. Quasi tutto il sud, le isole, i laghi. Non c’è tempo da perdere.